Dopo Saddam tocca a Osama.
Nel circo dei "Sarà lui?" e dei "Perchè l'hanno buttato subito in mare?" l'unica cosa abbastanza certa sembra essere l'intervento deciso di Obama che difficilmente si sarebbe esposto in tal modo in caso di bufala.
Destino comunque non troppo distante da quello che si potrebbe immaginare per il ricercato numero uno nella lista dell'FBI.
Sul fatto che uccisa la testa l'organizzazione rimanga, non sembrano esserci troppi dubbi; ciò che fa pensare sono invece i festeggiamenti spontanei degli americani scesi in strada, segno tangibile di una ferita mai rimarginata. Più o meno tutti ricordano quell'undici settembre, dov'erano o cosa stavano facendo quando la seconda torre venne giù in diretta mondiale, portandosi via molte certezze e la finzione di un lungo periodo di pace ininterrotta. Seguirono giorni convulsi, parole come "obiettivo sensibile" e concetti quali "riduzione delle libertà per una maggiore sicurezza".
Se lo ricordano ancor meglio a Manhatthan, a Washinton e in ogni angolo di quel paese dove il patriottismo è sentimento forte.
Le scene di giubilo in piazza sono comunque contraddittorie, sintomo di (liberazione dalla) paura e di un clima da far west.
Non è la festa dopo la vittoria; sembra più l'urlo, dopo un round a favore, gridato in faccia all'avversario.
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RispondiEliminaGrazie e ciao!
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RispondiEliminaGrazie
Nicola